Durante una tre giorni intensiva di preparazione al Counseling, in quel di Monteroni d’Arbia, più precisamente all’interno del podere Noceto, in piena campagna senese, mi ritrovai a vagare insieme ad alcuni compagni di sventura nella selva adiacente al casale principale. Questo andare a casaccio era in realtà una “lezione” prevista, che consisteva nel trovare un oggetto che ci colpisse, che facesse risuonare dentro di noi una qualche corda, che ci appartenesse in qualche modo. Via via vedevo alcuni dei miei compagni sbucati d’improvviso dalla foresta riportarsi sul sentiero del ritorno, passando davanti ai miei occhi col viso gaudente e portando in trionfo strane zolle, ciuffi d’erba, ramoscelli rinsecchiti di vario tipo. Poi, d’improvviso come queste cose devono accadere, il mio ciondolare sconsolato trovò fine, grazie all’aura magica di una radice esposta, intrecciata a formare come due cerchi collegati fra loro da un breve tratto di legno. La sollevai da terra ed era in tutto e per tutto uno scettro da mago. Non ero io che avevo trovato un oggetto, ma l’oggetto aveva trovato me. La mia parte bambina ebbe un rigurgito di luce di fronte a questo materializzarsi di un giocattolo impossibile. Questo legame tra me, la mia fantasia e la natura aveva una sua storia precisa.
Per diventare operatore di benessere e salute, il Counselor deve anche acquisire consapevolezza della storia dei propri legami, fra sé e sé e fra sé e gli altri. Solo dopo aver sperimentato su di sé gli effetti di un lavoro personale anche in tale senso, il Counselor può iniziare a spendere l’esperienza così acquisita in relazione d’aiuto professionale.
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