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Immagine del redattoreFabio Artigiani

Il lettone di mamma e babbo


Quando un bambino inizia a sperimentare il lettone di mamma e babbo in maniera assidua, viene immerso in un mondo distante anni luce dal suo, un mondo che rappresenta il punto più profondo e intimo della dimensione adulta di coppia, luogo di sesso, discussioni, talvolta di silenzi glaciali, decisioni, distanze rancorose. E di amore, certo, tenerezze, confidenze, abbracci consapevoli, racconti. Ma tutto ciò, o anche solo una parte di esso, in ogni caso non appartiene al bambino: c'è la possibilità che lo schiacci invece in un ruolo di confine tra adulti, gli faccia carico di una dinamica di coppia in ricerca di un nuovo assestamento e magari vogliosa di una salvifica distanza tra poli.

E in questi casi il bambino non capisce, accumula, assorbe, invischiato in un denso "brodo caldo", comodo, facile, simil-consolatorio in cui abbandonarsi, in cui deresponsabilizzarsi del proprio essere in divenire, augurabilmente invece esploratore temerario di un nuovo mondo sconosciuto.

Quel lettone si trasforma in un pantano a tre in cui rischia di sprofondare il bambino e la coppia.

Serve il coraggio di affidargli un posto suo, un lettino in cui crescere a una distanza necessaria per capire i propri genitori, interrogarsi sulle loro parole e fatti e poi, via via, imitarli nella loro adultità.

Un punto di osservazione e di ascolto, in cui avere anche delle sacrosante paure, in cui sperimentare l’angoscia della solitudine per imparare a gestirla, in cui essere libero di sgomitare i propri mostri, di abbracciare le proprie dolcezze, di prendersi cura, da solo, dei propri sogni.


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